venerdì 22 novembre 2019

23 NOVEMBRE '80:
CHI HA DITTO CA LA PAURA FA SOLO 90?
23 novembre '80:
chi ha ditto ca la paura fa sulo 90?

'na bomba, 'na botta, 'no truono,
'na paura senza nome, 'no dolore senza suono,
90 seconde senza parla', 90 seconde senza sente,
'na eternità addò non se capivo niente.
"C'ha successo?" "Che cosa?" "Lo terremoto?"
E ogni comune d'Irpinia a tutti è noto.

23 novembre '80:
chi ha ditto ca la paura fa sulo 90?

"Fuje!" "Curre!" Lo terrore era 'n'unica parola:
non te gerave arreto pe' paura d'esse' sola.
pe' lo ccorre annommennave tutte le sante,
senza de te ferma' contave ancora pe vede' se ce steveno tutte quante.
Tuorno tuorno era sulo prete, poreva e fumo ianco,
non conuscive a nisciuno pecchè tutto era chino de sango.

23 novembre '80:
chi ha ditto ca la paura fa sulo 90?

Tanta peskune 'nderra erano le ccase,
non tinive 'na porta manco pe' pote' dice "Trase!",
quaccuno deceva "Dormo dindo a la macchina mia",
l'ate no, tutte quante 'mmiezzo a la via.
Si aprive l'uocchie vidive le stelle,
sintive le chiante ma, tutte insieme, come stevemo belle!

23 novembre '80:
chi ha ditto ca la paura fa sulo 90?

Arrevaro le soldate co' le skatolette e le coperte,
ma tu putive 'nfoca' 'no figlio sulo co' le bbrazze aperte.
Macerie e prete era tutto: isso steva llà sotto
e tu sintive ca puro lo core se n'asceva da pietto.
Mano a mano ca la speranza deventava dolore
tu priavi ca te lo trovavano...
sulo pe' ce porta' 'no fiore...

23 novembre '80:
chi ha ditto ca la paura fa sulo 90?

D'austo 'no furno, de vierno 'na iacciera: queste le case c'arrevaro, le prefabbricate de lamiera.
Co' le 'mbruoglie s'arrevaro a piglia' lo contribbuto
addeventato casa pe' poche e fortuna pe' chi se l'ha fottuto.
"Non 'mborta, voglio mangia' pane assutto, ma ha da esse' lo mio,
tanto prima o poi ogni anema va 'nnanze a Dio".

23 novembre '80:
chi ha ditto ca la paura fa sulo 90?

Domeneca: le sette e trentacingo de la sera,
'na sera ca spiere ca cchiù non s'avvera,
pe' la forza c'ha stata veramente troppa,
com'a lo dolore a vede' le tittere sotta e le pavimente 'ngoppa,
'no ricordo da tutte cchiù lontano ca ci sia,
'no ricordo ancora presente senza manco 'na fotografia.

23 novembre '80:
chi ha ditto ca la paura fa sulo 90?

mercoledì 20 novembre 2019

SALDO ITALIA
Eppure credevo che il Governo fosse organo nazionale. Cioè che la rappresentanza maggioritaria degli Italiani (che in Parlamento hanno mandato altri) fosse valido, valevole e rappresentasse il cittadino della Penisola, da Trieste a Palermo.
Non mi dà fastidio la raccolta fondi per aiutare Venezia, che pure è stata colpita da un fenomeno previdibile e non tanto inatteso, ma non da una catastrofe naturale che, Iddio non voglia, non auguriamo a nessuno. Mai.
Dà fastidio che tale raccolta fondi sia stata lanciata dalla Protezione Civile che è dipartimento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, o meglio, il fastidio nasce dal fatto che tale questua sia nata solo per Venezia e non per le altre città che sono state colpite in maniera uguale o peggiore di Venezia.
Il Presidente del Consiglio dei Ministri, il pugliese Giuseppe Conte, dovrebbe essere portavoce dell'italia tutta e garante dell'equità di trattamento degli elettori. Anche di quelli che, per mere ragioni geografiche, conosce meglio. Mi riferisco a Matera, sempre più capitale di certa cultura ormai in scadenza, invasa dall'acqua in maniera più sorprendentemente insolita rispetto a Venezia. Mi riferisco a Napoli dove le scuole sono state chiuse per buona parte della prima metà di Novembre e che continua a sprofondare a colpi di buche e di voragini magistrali. Mi riferisco a Firenze, culla della civiltà rinascimentale tanto caro al professore di Volturara Appula, fucina di beni culturali aiutata, come Pisa, da militari che un Ministro, il (loro) Ministro della Difesa (del proprio alloggio assegnato al marito) pensò bene di snobbare alla parata del 2 Giugno. Mi riferisco ai tarantini ed ai genovesi lasciati con l'acqua alla gola, anche se non proprio colpiti dalla copiose piogge. Colpiti, però, dai rappresentanti (?) del popolo che, ancora una volta, stanno svendendo la Nazione che dovrebbero onorarsi di rappresentare. Se non più nobilmente di servire.
Quella colpita dal flagello meteorologico, dalla piaga della disoccupazione, dalla vergogna della povertà, dalla susseguente criminalità, dall'inevitabile insicurezza, dal logico disagio e che, invece, si ignora. Quella Nazione della svendita per ordine europeo della ferreria di Trieste come della Whirlpool di Napoli, dell'indotto genovese collegato al colosso dell'acciaio del Mezzogiorno. La Nazione cui si offre l'assistenzialismo pietoso del reddito di cittadinanza per metterla a tacere, come se di solo pane vive l'uomo. Eppure l'esecutore materiale del "saldo Italia" è pure Cristiano, Cattolico e vicino al francescanesimo e dovrebbe saperlo bene! Quella Nazione che si gestisce, si usa e non si assiste, quella da cui si trae profitto come con un cliente qualsiasi. E nulla più. Quella che il viaggio da Volturara a Roma passa per Bruxelles. E che si comanda a Roma perché si obbedisce a Bruxelles. Che comanda realmente. Allora in piena autonomia si decide di aderire a piani economici come se la Nazione fosse cosa propria, si modificano e si accettano trattati per trattare i cittadini come sudditi. Come schiavi. Li si vende. Quando va bene. E quando va male li si ignora. Ci ignorano. Se ne strafregano. Tanto ci sostituiscono. Ecco perché mentre 18000 famiglie rischiano di andare ad ingrossare le fila dei nuovi poveri, mentre Venezia riparte dai 20 milioni stanziati dal Governo (nazionale?), Matera conta solo sull'autarchia dell'organizzazione autonoma Sudexit, Napoli nemmeno su quella, il Pd, il copartecipatario abusivo che fa abusivo lo stesso Governo, parla del suo vero ed unico obiettivo: lo ius soli, mascherato da ius culturae. Ovvero delegittimare gli Italiani veri e sostituirli con nuovi occupanti del Belpaese. Portarli in massa, deportarli, farci invadere e consentire di farli fare ciò che vogliono, purché votino. Votino loro. Il solo modo per tornare al Governo. Come se non ci fossero già. Come se non avessero i personaggi giusti nei posti giusti che li mettono nel posto (per gli Italiani) sbagliato nella maniera sbagliata.
Verrebbe da chiedere perché allora simili distruttori ed odiatori d'Italia si presentano agli elettori italiani, perché si sceglie l'Italia come Stato da governare. Forse perché solo nel nostro Paese è possibile tanto schifo. Forse perché nel nostro Paese è possibile trovare tanta immobilità. Forse perché nel nostro Paese si continua a combattere contro una ideologia morta 75 anni fa e ancora viva solo nella mente di coloro che odiano. Altrimenti, in assenza di idee, programmi e proposte, sarebbero morti anche loro. Ecco spiegate le commissioni antiviolenza contro una violenza del tutto inesistente. Ecco spiegato i raduni di piazza contro l'odio da parte di coloro che odiano a loro volta chi non è come loro. Coloro che si ergono a difensori della democrazia, ma non ci pensano due volte a dare addosso a chi dice cose diverse dalle loro.
Forse perché nel nostro Paese gli inoccupati si occupano dell'amministrazione dello Stato per conto dei Giudici e dei Magistrati apolitici e apartitici che fanno politica invece di fare giustizia. E che si occupano esclusivamente di un antipatico e sconveniente Ministro nell'esercizio delle proprie funzioni e premiano un personaggio che dovrebbe essere oggetto di indagini e processi.
E se i giudici esercitano il potere legislativo, l'avvoca(ca)to del popolo esercita il potere esecutivo... dell'obbedienza.
Se poi sei anche un gagà "mevidionale" che per sentirti meno provinciale ed essere ammesso al salotto della catasta e al circolo del bridge, non guasta prendere le distanze dal Sud piagnone d'origine. Che non vuol dire trasferimento a Roma senza ritorno, ma fottere e fottersene se la via d'andata porta ad una terra ormai andata. E che a sentirli parlare sembrano tutti uguali: "l'Italia deve ripartire". Bistrattato tacco, punta e sulla dello Stivale, che poi non ho mica capito dove cazzo dobbiamo andare.

domenica 17 novembre 2019

MERCATO SAN GIACOMO 
“Non ci siamo indeboliti, fateli lavorare e poi giudicate”. Queste le “fiche” parole psicogrilline del sindaco Luigi de Magistris in occasione della presentazione del rimpasto numero dieci in anni nove. Trentatrè gli assessori che sono stati cambiati nella sua giunta, numero sintomatico dello stato di salute della squadra arancione che non si riuniva dal 7 agosto e che assume sempre più le sembianze di un “mercato delle poltrone”. Anzi, di una fiera vista la cadenza delle sedute del consiglio comunale. Che si rinnova e ricomincia per finire. Un rimpasto che ha tutto il sapore della “pastetta” e che a 15 mesi dalle nuove elezioni non ha nemmeno il tempo per tentare di imbastire una disperata campagna elettorale. A vedere le new entry, infatti, verrebbe da chiedersi chi potrebbe ancora rappresentare questo Sindaco e la sua (?) giunta (chissà quale delle dieci!) se non proprio una città-contro facendo di Gigino ‘o flop il primo cittadino contro Napoli.
Pezzi interi di società civile, l’intero universo orbitante intorno al civismo, all’associazionismo, al terzo settore, ai “battaglieri” dei diritti civili, vero zoccolo duro del suo elettorato, sono profondamente delusi. Forse definitivamente. Persino Insurgencia appare spaccata! E alita una terribile resa dei conto che, a dire degli attivisti, non sarà… proprio sociale.
Il ripescaggio della grillina Francesca Menna, in fuga dai 5 stelle, ma molto vicina a Roberto Fico – il cui baratto a Sindaco è tutt’altro che sconosciuto – aprirà una falla anche sulla sponda del MoVimento da dove i fedelissimi dell’altro Gigino non spareranno certo a salve.
Persino il presidente uscente De Luca ha smesso di rispondere tono su tono e tenta di badare al suo elettorato (e alla sua ricandidatura) non regalando visibilità gratuita, e forse inutile, al Sindaco arancione.
Intanto Napoli, la terza città d’Italia, sprofonda vergognosamente ed irrimediabilmente in ogni settore: dai servizi, ai trasporti, dai rifiuti al turismo, dalla viabilità alla sicurezza. Tanto che basta un acquazzone – non tanto sorprendente nell’approssimarsi all’inverno – per chiudere scuole e uffici, annegare il bacino d’utenza giornaliero, ritenersi fortunati se gli alberi cadono “solo” sulle macchine e se si riesce ad arrivare sani e salvi a destinazione. DeMa, però, propina a tutti il paese dei balocchi, vieppiù se si trova difronte microfoni e telecamere: dalla Napoli seconda solo al Giappone, a Napoli porto e porte aperte, dalla flotta pro-migranti alla questione San Paolo: dalle rotture con De Laurentis ai fatti dell’impianto sportivo. E se non ha promesso di elargire la patente nautica per girare in città è solo perché la campagna elettorale per le amministrative è ancora lontana. O, forse, così crede lui.
Che stando alle sue ambizioni mai velatamente celate, chissà se ancora gli interessa realmente. Di certo c’è solo il disinteresse, l’abbandono, il tradimento verso una città che sta sprofondando in tutti i sensi. A partire dalle voragini che sempre più copiose si aprono in città, ma anziché chiedere lo stato di emergenza, di proporre una legge ad hoc, di aprire gli occhi per guardare in faccia ai suoi concittadini e alla realtà, Gigino pensa a come rimanere a galla. https://www.camposud.it/2019/11/mercato-san-giacomo/

sabato 16 novembre 2019

TERZIGNO: LADDOVE LA MONNEZZA NON STA SOLO NELLA DISCARICA
Alla fine le ruspe sono arrivate. E hanno iniziato ad assestare i loro colpi lenti ed inesorabili alle abitazioni di via Panoramica di Terzigno, ridente paesino immerso nel Parco del Vesuvio, a pochi passi dalla Penisola Sorrentina.
Si piccona il tetto e si colpisce i sacrifici di ogni proprietario, si abbatte un pilastro e si tocca il cuore degli inquilini che, ignari, hanno acceso mutui, hanno investito risparmi di una vita, hanno continuato a sacrificare la loro vita di risparmiatori e di lavoratori per guadagnarsi un tetto sulla testa. Onestamente. Non altrettanto onestamente è stata la deontologia del costruttore che ha raggirato 14 famiglie nel lontano 1993, quando ha costruito per vendere case inesistenti. A dir suo consapevoli al momento dell'acquisto. Di rimando lui consapevole di vendere truffa quindi illegalità.
Ciò che stupisce è che se "l'imprenditore edile" non ha truffato (tutti i 14?) gli ignari acquirenti, nessuno tra tecnici comunali, periti edili, geometri, architetti e persino il notaio che ha registrato rogiti con tanto di riferimento della concessione edilizia (misteriosamente sparita poi) che si rifà a precise particelle tutte ricadenti nel comune vesuviano, si sia accorto della truffa operata dalla Futura 2001. Un nome che oggi risuona come una beffa.
A nulla è valsa la mobilitazione mediatica (da La7 a Mediaset), né la presenza del Sindaco e del suo Vice di questo angolo di paradiso di un Sud dimenticato e diversamente noto solo per la discarica satura dove deve essere stipata la spazzatura non solo locale: le ruspe puntuali hanno eseguito gli ordini irrevocabili del ligio Tribunale di Torre Annunziata (NA). Solerzia e pignoleria che suonano come una beffa visto che i togati procedono solo per abuso edilizio, addirittura nei confronti degli ignari compratori che, la legge che vuole essere uguale per tutti, da vittime li "eleva" a carnefici. Cui, quando la precisione è una prerogativa ermellina e persino un'aggravante, addebita ai truffati-sfrattati anche i costi di demolizione e smaltimento delle proprie abitazioni ridotte in macerie.
Nessun procedimento a carico di chi consapevolmente ha truffato né di chi altrettanto consapevolmente ha partecipato alla truffa.
Completamente assenti e non solo fisicamente i politici locali di ogni livello: se i rappresentanti di Provincia e Regione di ogni colore sono silenti (e forse interessatamente disinteressati), quelli nazionali, che avrebbero potuto e dovuto fare bandiera nazionale di questo scempio, non sono da meno: Di Maio, per ovvie ragioni non solo geografiche, è stato quello più largamente invocato, ma se non si è visto alle pendici del Vesuvio, altrettanta è stata la disattenzione, la distrazione verso quella terra, la sua terra, che proprio per il big di Pomigliano d'Arco è stata un serbatoio di voti, la rampa di lancio verso palazzi che lo ha portato ad essere sempre più lontano dalla gente. Questa gente che ha già fatto intendere che voterà scheda bianca alle prossime Regionali, indice dell'interesse della vicinanza della politica ai cittadini, ridotta sempre più a spicciola demagogia e promesse vane.
A giudicare dalla celerità e dalla priorità quasi esclusiva con cui le ruspe su ordine della locale Procura sono entrare in azione, viene da pensare che le 14 case di via Panoramica rappresentano il solo caso di abusivismo edilizio ricadente nella competenza del Tribunale oplontino. Ed ora che certa alacre giustizia ha indagato i "primi" colpevoli, ci auguriamo vada fino in fondo, rettamente, giustamente alla ricerca dei veri colpevoli e non solo di quelli apparenti. Forse troppo comodi e persino accomodanti.

lunedì 11 novembre 2019

ANCORA UNA BABILONIA

​È bastata appena svegli sentire la parola Iraq in una qualunque mattina di Novembre perché in ognuno di noi si mescolassero angoscia, dolore e rabbia, già provati.
E’ bastata sentire la parola Iraq per ricordare quel triste 12 novembre di 16 anni fa. Poco importa che Kirkuk non sia Nassiriya o se è peggio: il solo menzionare questa cittadina o villaggio sconosciuto che sia fa presagire che il prosieguo dell'ascolto non riserverà nulla di buono.
Non ci sono morti stavolta, ma ci sono feriti gravi, come se un uomo lo uccidi solo fermando il cuore.
Insieme con uno Ied, ordigno rudimentale ed imprevedibile, sono saltati in aria pezzi di corpo umano. E quelli che sono rimasti attaccati non serviranno più. Insieme con lo Ied è saltata anche la spavalderia di quelli che, esultando, campano ammazzando, di quei martiri assassini che colpiscono vigliaccamente.
I nostri soldati del 9° Col Moschin e del Comsubin, reparti scelti di Esercito e Marina, sono forze speciali, l’élite e le colpisci sono alle spalle, solo a tradimento, solo vigliaccamente.
Erano a piedi per strada per insegnare alle forze locali come poter stare ancora per strada e portarci di nuovo la gente. In sicurezza. In normalità. Come in mezzo alla gente avevano scelto di stare i Carabinieri e gli altri militari che nel 2003 fecero della caserma Maestrale, nella missione Antica Babilonia, la loro base vicina alla gente. A Nassiriya come in un qualsiasi paese in Italia, dove la caserma è un luogo prossimo alle persone e non un fortino isolato ed inaccessibile.
Perché i Carabinieri e i militari sono questi: gente comune da parte della gente che vuole portare a termine un compito affidatogli, vuole tornnare a casa, magari vuole comprare casa.
E magari a casa ti porti l'esperienza e la sofferenza, ti porti gli occhi di un bambino che ti segneranno fin quando avrai respiro, che ti viene incontro per una comunissima bottiglietta d’acqua e che può farti saltare in aria come un kamikaze, così come può farti saltare dalla gioia dopo un gesto per te semplice, ma per lui vitale. Ti porti la sofferenza per gli occhi di un tuo bambino che non vedi o che non potrai più vedere mentre il destino beffardo ti ha marcato come “il brigadiere dei bambini”. Porti con te i motivi di una scelta che da bancario della Milano dagli alberi di trenta piani ti trasforma in un ufficiale in mezzo alla sabbia e che, purtroppo, diventanno segreti poiché nessuno ha avuto il tempo di chiedere. Di parlare. Di raccontare. Ti chiedi se proseguire nell’impegno, nell’aiuto, nella lotta non sia il modo migliore per onorare quel commilitone con cui hai condiviso l’alloggio e che era diventato più di un amico. Ti chiedi cosa provava il piantone di guardia la sera prima dell’attentato quando tu tentavi di farlo ridere e rilassare, senza tuttavia riuscirci. Ti chiedi cosa abbia pensato alla porta il semplice appuntato dell’Arma quando ha aperto il fuoco contro il convoglio esplosivo per far sì che non perpetrasse all’interno della base, quasi a limitare i danni, ad evitare delle morti, a proteggere quelle uniformi, sconosciute fino a qualche giorno prima. Quelle morti che hanno reso per qualche giorno, per quel giorno, l’Italia davvero una Nazione. Subito dopo a tratti dimentica, a tratti ingrata. Tanto da far pagare i costi per la coniazione di una medaglia commemorativa, per chi l'ha ricevuta, senza interrogarsi sul motivo per cui quel servitore l’abbia restituita. Tanto da processare civilmente un militare e condannarlo a risarcire le vittime di propria tasca, come se qualcuno potesse non chiedersi se un solo uomo possa essere ritenuto responsabile a fronte di 1100 unità impiegate piuttosto che un capro espiatorio. Come se le parole di circostanza in cerimonie ufficiali non siano pronunciate dagli stessi personaggi che scagliano parole pesanti come pietre e che lacerano l’anima. Di tutti, non solo di quelli che hanno la (s)fortuna di poter essere (ancora) identificati con matricola su casco e pettorina, che sempre più spesso diventano le sole “accortezze” fornite dall’Amministrazione. Che vuole ulteriormente disarmarli. Come se non fossero impoveriti già abbastanza. Che non disdegna di rispolverare il ricordo arrugginito una volta l’anno, per riporlo immediatamente nuovamente nel dimenticatoio. Perché per dimenticarli non occorre la targa sul muro ed il tricolore sulla bara così come per ucciderli non serve mandarli negli angoli più violenti della Terra. Difronte a questi uomini, difronte a simili dolori, al posto di tante parole di inutile ideologia e di becera propaganda che qualifica il vuoto umano ed istituzionale il silenzio sarebbe gradito e persino dignitoso. Sarebbe il commiato più meritevole. Quello che ogni soldato non vorrebbe mai sentire. Quel silenzio con cui i cittadini di Nassiriya spostarono, senza parlare, le pietre di ciò che rimaneva della Maestrale dai 19 tricolore sull’avambraccio. Appena placato il boato. Appena scese la calma surreale. Appena la polvere iniziò ad impastarsi con le lacrime.

venerdì 8 novembre 2019

A BERLINO IL MURO DEL C.


Trent'anni sono un lasso di tempo sufficiente perché del Muro di Berlino non si faccia solo una cronistoria della costruzione, della caduta e la conta delle persone che sono morte attraversandolo e di quelle che si sono salvate.
Trent'anni sono qualche mese in più della vita dello stesso Berliner Mauer, della cementificazione dell'odio e dell'impedimento di andare oltre. Oltre i confini creati, oltre le ideologie che con esso erano crollate, oltre la resistenza che non aveva più ragione di esistere e di resistere, oltre il dolore, oltre l'odio.
Trent'anni è il tempo trascorso dal suo crollo, da quello smantellamento liberatorio del 9 Novembre 1989, ancora troppo vicino per potere essere dimenticato, ma per fortuna non troppo lontano per poterlo ancora negare.
Alla stessa maniera del «Nessuno ha intenzione di costruire un muro» pronunciato da Walter Ulbricht, capo di Stato della DDR e Segretario del Partito Socialista Unitario della Germania il 15 giugno 1961, accade che ieri, 7 novembre 2019, onorevoli rappresentanti della commissione cultura della Camera dei Deputati della Repubblica Italiana si dicano favorevoli al ricordo (della caduta) del muro nel Giorno della Libertà, che come tutte "le giornate di" è una inutile lavata di faccia ed una finta pulitura di coscienza, ma a patto che non si pronunci la parola "comunista". Fieri sostenitori della "censura rossa" e strenui resistenti del negazionismo bolscevico il deputato Nicola Frantoianni di Sinistra Italiana, l'area più radicale (si potrebbe azzardare anche estre-mista) di LeU, gruppo parlamentare grande quanto una foglia di Fico che gli Italiani nemmeno hanno voluto tra gli scranni del Parlamento e il sottosegretario al MIUR (che è lo scibile!) Giuseppe De Cristofaro ex parlamentare di LeU ed oggi rappresentante parlamentare di Sinistra Italiana. Tutti ex di qualcosa, eccetto che del Comunismo e che sostengono che il 9 novembre di 30 anni fa a Berlino non è caduta la dittatura comunista, ma solo quella del socialismo reale.
Viene di fatto censurata la parola C. proprio dalla commissione che dovrebbe vigilare sull'istruzione, sulla formazione e sull'educazione. Accade a pochi giorni dell'istituzione della commissione Segré, quella che ha voluto mettere sotto scorta i senatori messi già sotto spirito a vita, per minacce ricevute sui social - che comunque censurano chi non è conforme - e dove la senatrice, reduce dal campo di sterminio di Auschwitz, non è nemmeno presente.
Accade nella stessa Italia che non ha ancora finito di svuotare la bocca delle parole di odio di antisemitismo inventato, che vomita altro odio dopo uno sfottò calcistico chiedendo anche l'intervento del Ministro per presunti attacchi razzisti, ma che non mette sotto scorta lo stesso giocatore che "ha subito atti di discriminazione razziale".
Accade che rappresentanti dell'intellighenzia sinistra avvinazzata dichiaratamente Comunisti - non nostalgici - in Tv, in prima serata, in fascia (non fascio!) protetta (e non solo la fascia) apostrofi "fascio-di-merda" un neofascista coatto che si guadagna la sua comparsata vip in una tv spazzatura che su reti Mediaset ospita la fidanzata (o compagna) dell'ex Chicco Mentana.
Dopo trent'anni dalla caduta del Muro della vergogna ancora c'è chi - inspiegabilmente legittimato - continua a costruire quella cortina che (per i rossi) non è mai stata distrutta e che rischia di diventare inutilmente nuovamente calda, incandescente.
I Comunisti ci sono ancora: purtroppo e per fortuna non c'è più il C. vero, quell'ideologia che si vergognerebbe della sua stessa attuale evoluzione. Quel C. che è riproposto e ancora vivo in Cina, nella violenza per la repressione di piazza, nel pericoloso Vietnam dei sequestri e delle scarse condizioni igienico-sanitario, nella poverissima e arretrata Cuba. Quel C. che si vuole tenacemente salvare e mondare da ogni macchia spacciandolo per dittatura del socialismo reale sempre, pedissequamente, instancabilmente, incomprensibilmente contrapposto al Fascismo di casa nostra, vivo grazie alla sua stessa scomparsa, che fu agnello laddove i regimi del "socialismo reale" sono stati iene. Complessivamente, gli assassinati rossi sono stati 95 milioni di persone in tempo di pace, con genocidi etnici tipo Adolf Hitler, deportazioni, carestie, esecuzioni collettive. La Cina da sola ha massacrato 60 milioni di cittadini. L'Urss di Josif Stalin, 20 milioni. Il Fascismo neppure sfiorò questi eccessi.
Trent'anni è un tempo abbastanza sufficiente per capire che non si può negare ciò che è stato e ciò che è stato è storia. Nel bene e nel male. Che essere dalla parte sbagliata non sempre è una colpa e che essere annoverati tra i perdenti talvolta non è poi tutto questo male.
Tony Fabrizio

martedì 5 novembre 2019

E (S)PARLIAMO DI BALOTELLI!
Ma non solo.

Se Mario Balotelli fosse stato davvero discriminato per il colore della pelle non avrebbe avuto l'occasione di diventare un pallonaro strapagato in Italia, di trovare in Italia una madre e un padre che lo hanno adottato e che si sono prodigati, credendo in lui, affinché diventasse il campione che è diventato, di incontrare una ragazza che da lui è stata ingravidata.
Mario Balotelli è un irrispettoso buffone che si crede Dio sceso in terra, che non disdegna di non riconoscere il frutto del suo seme in un ventre italiano, se non a posteriori, che accusa di disinteressamento i genitori naturali (gli Barwuah) che per far curare i suoi problemi intestinali si sono trasferiti da Palermo fino a Brescia, peregrinando per vari ospedali italiani da cui non è stato mai cacciato, che se ne strafrega persino dei segnali stradali sotto cui parcheggia la sua Ferrari (italiana peraltro!), che sfascia spogliatoi dove egli dovrebbe lavorare, non riconoscendo alcun valore nei compagni di squadra, negli allenatori e nei dirigenti che sono i suoi datori di lavoro, che non manca di scagliare il pallone (non suo) verso quei tifosi che gli pagano lo stipendio, facendo di lui solo un nuovo gladiatore nell'arena domenicale, da cui si pretendono solo prodezze e spettacolo, che significa incassi, per continuare a garantirgli la sua esistenza ed entità di mercenario.
Mario Balotelli è a sua volta un'arma nelle mani di coloro che, pur dicendosi antirazzisti, sono i primi che lo usano. Che se ne servono.
Per distrarre.
Distrarre l'attenzione dei veri problemi che attanagliano lo Stivale.
Vorrei sentire parlare di Mario, ma dell'altro Mario, il carabiniere scannato a Roma su cui è piombato un silenzio di tomba e sapere se la vedova (se si può essere vedove a 30 anni e dopo un mese di matrimonio) abbia già iniziato a ricevere la reversibilità dallo Stato, se qualcuno, magari qualche sbirro che rompe le righe, le abbia detto come effettivamente sia morto il marito, se Scalfarotto sia andato ancora dai due yankees nelle patrie galere.
Vorrei sentire parlare di quello Stato a colore LeU, formazione che per volere del voto degli Italiani nemmeno doveva essere in Parlamento, oggi approdato in italiaViva, che si avvale della collaborazione di un portaborse dal curriculum falsato (ma l'ha fatto anche l'attuale Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana) e che in realtà era solo il Mercurio di sorella Mafia, il messaggero del ricercato n°1 in Italia, Matteo Messina Denaro. Quella mafia che non esiste più, ma di cui ancora si cercano i picciotti che, però, sono innocui a detta di quello Stato che toglie la protezione a capitano Ultimo, servitore dello stesso stato, il primo ed il solo ad aver arrestato Totò Riina, il Capo dei Capi, il precursore di Messina Denaro, il mandante dell'assassino dei giudici Falcone e Borsellino, delle stragi, che voci di palazzo vogliono siano morti per un incidente sul lavoro.
Lo stesso lavoro che oggi ha ucciso tre Vigili del Fuoco, ferendone un altro ed un Carabiniere. Ma che in realtà sono stati attirati sul luogo di morte da un'esplosione, che pare sia dolosa, cui ne è seguita un'altra azionata con il timer. Dunque un'azione preparata con l'intento di fare male. E la morte è solo il coronamento dell'ottima riuscita del gesto infame e vigliacco che si chiamerebbe assassinio, si chiamarebbe attenato, ma che in questa Italia di chiama "incidente" sul lavoro. E che resterà impunita.
Lavoro che verrà a mancare, uccidendo ancora, gli operai dell'Ilva di Taranto. Che chiude battenti ed apre le bocche di oltre 10mila povericristi tra fabbrica ed indotto. Con annesse famiglie.
Al di là delle colpe che interessano fino ad un certo punto a chi ha fame e che sarà sempre di quelli che c'erano prima, l'Italia senza acciaio sarà una Nazione fottuta, una Nazione più povera e costretta a comprare acciaio dalla Germania pur essendo la Nazione che ne produce più di tutti. E a cui serve più di tutti, avendo un suolo ballerino ed essendo l'acciaio il solo elemento capace di stabilizzare in caso di terremoto. Evidentemente non a L'Aquila, non ad Amatrice, non in Irpinia, non in Lucania, non in Sicilia, distanti anni luce da Taranto che pur si trova nella stessa Nazione.
Ecco perché bisogna parlare di Mario Balotelli e più del colore della sua pelle. E insistere visto che alla mozione Segré, senatrice a vita non per meriti, ma per una disgrazia, nessuno ha creduto. E intervenga pure il Ministro! Dello sport, a minacciare. Tanto in Italia c'è speranza per tutti. E se un bibitaro inoccupato post-ideologico della domenica assurge a Ministro del Lavoro senza aver lavorato mai e a quello degli Esteri senza conoscere nemmeno la lingua madre, immaginate questa Italia cosa possa riservare ad uno che i campi di calcio li calca. Se poi è pure nero...

domenica 3 novembre 2019


GUERRA AL 4 NOVEMBRE


L'ultima dichiarazione di guerra arriva dai pacifisti, a danno di personalità servitrici dello Stato che per lavoro garantiscono proprio il diritto alla parola ai mercenari che, credendo di insegnare, si richiamano alla Costituzione - da cui in realtà sono lontani anni luce - e che impediscono un democratico confronto.
Accade nel liceo Marco Polo di Venezia, dove il Preside, in occasione della ricorrenza del 4 Novembre, aveva organizzato un incontro con ufficiali della Marina Militare e della Guardia di Finanza sperando di coinvolgere almeno le classi V, quelle che dovrebbero a breve maturare.
Apriti cielo e chiuditi scuola!
I militari non sono stati graditi a certi docenti e discenti della scuola che hanno deciso di disertare l'incontro in base alla Costituzione (art.11) che ripudia la guerra come strumento di offesa agli altri popoli e come mezzo di risoluzioni delle controversie internazionali.
Proprio la Marina, la scorsa estate, è stata oggetto di attacco da parte di chi la libertà nostra, in casa nostra, l'ha infranta così come i divieti nostrani, le leggi di uno Stato sovrano, tanto che una nostra (della Finanza, cioè dello Stato quindi noi) motovedetta, con militari a bordo, è stata addirittura speronata. Eppure la GdF si trovava in territorio italiano e non altrove a infangare libertà o a sparare cannonate dalla rada di qualche stato. Anzi, ultimamente nemmeno i confini della nostra Nazione può proteggere e, da servitori deputati al compito della difesa nazionale, sono stati impiegati nei trasbordi internazionali di merce umana. Così come mai hanno fatto la guerra i due fucilieri di Marina Salvatore Girone e Massimiliano Latorre che non hanno nemmeno mai spar(l)ato sullo Stato cui hanno giurato fedeltà e che li ha per anni abbandonati.
Per loro non è ancora finita!
Le Fiamme Gialle, invero, conducono sì una guerra, ma all'evasione fiscale, peraltro inasprita da provvedimenti del governo (forse lo stesso di questi insegnanti) e a cui ultimamente sono stati "impediti" gli esercizi di polizia di frontiera facendo del Belpaese - in compenso - un Paese di Polizia tributaria.
La Marina, insieme a Esercito, Aeronautica e Carabinieri, e alla Guardia di Finanza che però è un corpo armato, concorre a formare, per Costituzione, le Forze Armate dello Stato e dipendenti (eccetto la Finanza) dal ministero della DIFESA, non della guerra. Dal 1861! Anno in cui, probabilmente, questi occupanti di cattedre e di diplomifici del politically correct, fanno risalire l'unità d'Italia, che invece è stata conseguita proprio con l'armistizio di Villa Giusti, dalle ore 15 del 4 Novembre 1918. A conclusione della Grande Guerra. Con tanto di annuncio di vittoria del generale Armando Diaz.
Che piaccia o meno la storia è questa e il 4 Novembre non si festeggia alcuna guerra, ma solo la vittoria di essa. E si festeggia (con) gli uomini e le donne delle FF.AA., gli stessi che non fanno alcuna guerra: basti vedere la percentuale di caduti nelle missioni internazionali a testimonianza che esiste uno stile italiano anche nel combattimento. A testimonianza del gran numero di voli dell'Aeronautica verso ospedali italiani per per poter curare giovani e bambini delle terre di impiego dei contingenti italiani. A testimonianza dell'elevata quantità di aiuti materiali, cibo in primis, distribuiti nei Paesi di impiego.
A farlo sono uomini e donne comuni, gli stessi che se ne ritornano a casa dopo aver ricevuto sputi ed insulti in piazza, magari proprio da questo genere di insegnanti non proprio pacifici, né pacifisti e che l'indomani porteranno a scuola i propri figli affidandoli a insegnanti come questi.
Chissà cosa avrebbe potuto comportare l'ingresso dei militari nella scuola ai loro occhi, chissà quale estremo atto di guerra il confronto. Forse i maturandi-tutti-uguali-per-moda si sarebbero potuti spaventare alla vista di uomini e donne in uniforme? Forse i maschietti si sarebbero spaventati alla vista di barbe rade o curate? Forse le femminucce si sarebbero intimorite alla vista di chignon militare e retina per capelli? Forse avrebbe fatto impressione l'uguaglianza e l'emancipazione della donna soldato?
Fa paura, però, che un pugno di docenti (almeno stando all'onorario) coadiuvato dagli studenti (facile intuirne il motivo) costringa un Preside ad annullare un civile e democratico confronto con personale dello Stato in (ignorante) ottemperanza di quella Costituzione che, solo 10 articoli dopo, garantisce a «Tutti il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione».
Fa ancora più paura il silenzio del Ministro dell'Istruzione Lorenzo Fioramonti, forse ancora impegnato a firmare le giustificazioni per la manifestazione per Greta senza Greta e senza nemmeno consenso dei genitori degli alunni, che di fatto schiera (ancora!) il suo (?) ministero e acconsente ad un altro sgarbo istituzionale, verso personalità dello Stato.
Sarà un caso, ma proprio Fioramonti, a poche settimane della nomina al MIUR, è stato tirato in ballo circa gli attacchi contro Carabinieri e Polizia espresse dalla sua pagina social, addirittura contro il brigadiere Giangrande invalidato a vita per difendere non casa sua, ma Palazzo Chigi da un attentatore armato.
Violenza vomitata dalla lontana Pretoria (Sudafrica) dove insegnava economia politica (!) e dove, in piena fuga di cervello, dimenticava di insegnare persino l'italiano al proprio pargolo, tanto che, al ritorno in Italia per fare il ministro, ha dovuto iscrivere il fanciullo ad una scuola inglese, rifiutando l'esame di italiano a causa delle difficoltà per la lingua sconosciuta.
Questa è l'Italia attuale del no-4 Novembre? Questa è la Terra per cui i ragazzi del '99 si sono immolati? Questa la Nazione delle non più irredenti Trieste e Trento? Questa la Patria di Armando Diaz?
L'Italia il 4 Novembre festeggia la Vittoria del I Conflitto Mondiale, festeggia la giornata dell'unità ed identità nazionale e delle Forze Armate. In piazza. E gli Italiani veri insieme con loro, con o senza quegli insegnanti che impongono il loro unico pensiero, ma non quello del ragionamento, che sono per la democrazia e la libertà, ma solo quelle a loro più congeniali vietando ciò che è altro da loro, che scagliano urbi ed orbi accuse di omofobia, ma che si circondano solo di propri simili, che si dicono docenti ma sono lontani anni luce da qualsivoglia minimo elementare insegnamento.
Tony Fabrizio

mercoledì 30 ottobre 2019

BIBBIANO ANCORA!
Esistono ricchezze che valgono molto più di ogni ideologia e convinzione. Si chiamano figli.
Esistono figure più nobili di quanto non possa già esserlo quella di un genitore. Si chiamano giudici.
Non è andata così però a Bibbiano, dove giornali e telegiornali, anche quelli allineati, hanno tenuto incollati per tutt'una estate l'Italia intera parlando del caso più aberrante degli ultimi anni ai danni di bambini innocenti che venivano affidati illecitamente ad amici e compsgni, arrivando a praticare su di loro sevizie e torture.
Su Bibbiano è stato detto di tutto, ma ciò che non è stato detto, nemmeno dagli organi di stampa non asserviti, e che non si dovrebbe faticare a tacere, è che ad indagare il Tribunale di Bologna - che aveva di fatto disposto gli affidi - è stato lo stesso Tribunale di Bologna che non ha riscontrato anomalie od irregolarità nelle assegnazioni. Fatte da loro. Precedentemente. Il Tribunale di Bologna, dunque, giudica se stesso. Assolvendosi. Autoassolvendosi.
Se sia la verità o l'occultamento della verità non lo sapremo mai, ma i bambini hanno parlato. Con la voce dell'innocenza. Dell'ingenuità. Taciuta. Poi tacitata. A Bologna è arrivata anche una super-commissione nominata "ad hoc" e presieduta da un iscritto al Partito Democratico che fa parte di quella magistratura (democratica) che dovrebbe essere apartitica ed apolitica. Politica e partito che sono gli stessi che invitavano il vertice dello scandalo di Bibbiano - la mente del sistema - a prendere parte alle conferenze organizzate. In qualità di esperto di una ramo in cui non era laureato. In quell'"ad hoc" potrebbe essere quindi contenuta ogni risposta, persino troppo evidente.
Se si pensa al sistema Bibbiano come ad una piovra, allora ci si chiede cosa abbiano fatto i magistrati di Ancona, competenti su quelli di Bologna. Forse troppo impegnati a non pestare i piedi a togati e colleghi che potrebbero anche servire. O meglio, di cui vorrebbero non servirsene. Mai.
Anche i giudici d'altronde hanno figli avrebbe detto una loro affiliata così come lo mandò a dire ad un Maresciallo dell'Arma.
Ci si chiede quindi cosa abbiano fatto gli oppositori politici del "partito di Bibbiano" oltre ad appendere striscioni e finiti poi a vendere magliette e a fare foto col giornalino, una volta al mese. Perdendo di fatto l'occasione di dimostrare per una volta, la sola, la loro, che la la Politica é impegno nobile a favore dei più deboli e non interessata elemosina di preferenze in una campagna elettorale perenne, indice della volubilità di idee ed ideali che in un linguaggio sempre più sinistro si identifica con la bramosia di potere, espressa attraverso il repentino cambiaMENTO di CA-sa-CCA.
Dopo aver chiesto di "parlare di Bibbiano" e dopo che la sinistra voce di Mentana ha provocatoriamente proposto di "parlare di Bibbiano ora", ci si chiede se non sia il caso di parlare di BIBBIANO ANCORA!
Ora che il Pd - cui erano iscritti gli arrestati - è ancora al governo. E con l'acerrimo nemico 5 stelle se ne vanno a braccetto per l'Italia intera. Ora che i loro rappresentanti dalle sedi istituzionali chiedono un cambiaMento di mentalità affinché i concetti di padre e madre, quindi di famiglia, scompaiano completamente. Abolendoli. A beneficio della teoria gender.
Ora ed ancora che certa magistratura si è fatta "scoprire" a dare facili passepartout per l'intero Stivale a persone rifugiatesi in Italia perché discriminati sessualmente, quindi omosessuali, che stuprano come degli eterosessuali qualunque. Quegli eterosessuali che, dopo averle stuprato, squartano le fanciulle autoctone, forse non ancora abbastanza sottomesse e poi chiedono ai giudici di dare la colpa ai genitori - che gliela danno - di aver lasciato libera una sedicenne in casa sua, come tutti i sedicenni qualunque. Forse non abbastanza adulti da conoscere riti macabri da noi (non più) lontani e sconosciuti. Ma grandi abbastanza per farli andare al voto. Sperando di eleggere gli stessi che di Bibbiano vorrebbero non ci si ponesse più nemmeno il problema.
Tony Fabrizio II
https://www.facebook.com/tony.fabrizio.1800/posts/152992975948182
Non credo si possa essere maggiormente sciacalli rispetto all'ostentazione della morte. Dei morti, anzi.
Mi chiedo come mai delle foto ritraenti il recupero dei morti annegati di migranti scattate dalle forze della Capitaneria di Porto, corpo specialistico della Marina Militare Italiana, Forza Armata dello Stato, siano finite in mano a dei giornalisti.
Mi chiedo per quale motivo o quante copie in più di un giornale abbia potuto far vendere vedere dei corpi giacere in fondo al mare. O almeno averne l'idea visto che l'acqua impedisce una perfetta visualizzazione dell'immagine.
Mi chiedo se davvero interessi vendere qualche copia in più a giornali che si sostengono con finanziamenti dello stato. Lo stesso Stato in cui non si può ritrarre o riprendere una delinquente ammanettato. Anzi, le manette non vanno nemmeno messe se il delinquente non è in grado di nuocere. A testimonianza dell'ossimoro, della contraddizione in termini del concetto. Che è stato.
Mi chiedo perché questo giornale si chiami Repubblica e se dietro a questo estremo atto di sciacallaggio non ci sia un "istituzionale" tentativo di scuotere le coscienze. La stessa che manca ai pubblicatori di certe cose.
Non credo che alcuna coscienza italiana possa essere scossa da queste immagini in quanto nessuno italiano per bene può dirsi colpevole di simile "commercio" di anime. Se non quelli che, senza scrupolu, trasbordano da un continente all'altro persone che fruttano denaro, illudendoli su integrazione, miglioramento della qualità della vita, possibilità di vita. Quelle persone che appunto hanno dimostrato ancora una volta di non avere coscienza. Ma essere solo portafoglio.
Giornalisti asserviti e ripetitivi che ancora una volta propongono immagini di minori morti abbracciati al padre o alla madre: le stesse figure che si vorrebbero cancellare.
È già capitato di vedere un bambino morto nella stessa maglia del papà. Adesso ci viene proprinato un bambino (o una bambina se ha importanza conoscerne il sesso) che muore abbracciato alla madre. In barba ad ogni elementare regola del mare che vuole si salvino prima le donne e i bambini. In barba ad ogni principio fisico che vuole la comparizione del rigor mortis molto tempo dopo la morte dunque due corpi di peso differenti non potrebbero calare a picco contemporaneamente e rimanere abbracciati sul fondo del mare.
Non voglio pensare che siano foto montate ad arte o filmati manipolati, ma mi chiedo dove si voglia arrivare proponendo queste immagini se non a offrirne altre con ulteriori varianti, ma sempre uguali. Proprio come il bambino morto nella maglia del papà e dimenticato troppo presto per far guadagnare la scena a questi morti abbracciati.
Quell'abbraccio è stato ucciso già sulla costa, alla partenza. Ucciso dall'inganno. Quello finto di una vita migliore. O solo di una vita. Che per quelli senza coscienza vale 35 euro al giorno. E non una sola ong filantropa con equipaggio fortunato ed umanitario a bordo, da costa a costa.
Ancora una piazza. Ancora tutti uguali. Questa volta senza vessilli di partito e di fazioni, ma tutti uniti. Uguali. Uniformi. Sotto il tricolore! Cui si presta giuramento e si rimane fedeli. Per tutta una vita. E oltre. Fino a vederlo avvolgere quelle quattro tavole di legno che lo stato baratta con uno stipendio. Offrendo vantaggi qualora figli e parenti volessero intraprendere la stessa strada. E forse la stessa fine.
Evitate di chiamarla divisa perché giacca, pantalone, basco, berretto e anfibi non dividono proprio nulla, ma uniscono, uniformano appunto. Da Trieste a Palermo. Carabinieri, Polizia, Guardia di Finanza, Vigili del Fuoco, Polizia Penitenziaria: tutti uguali. Tutti verde bianco e rosso. Militari e civili. Perché ieri in Piazza Montecitorio si è scesi per manifestare malessere personale e professionale. Spesso, troppo, sfociato in conseguenze tragiche personali. Ma di cui tutti si limitano a raccontarne solo la cronaca.
Nella stessa piazza dove il benemerito maresciallo dell'Arma Giuseppe Giangrande non ha esitato a farsi ficcare delle pallottole in corpo da un esagitato e una pure nella spina dorsale che l'ha costretto per sempre sulla carrozzella, in virtù di un giuramento, per la difesa di coloro che, invisi al popolo, difendono solo la loro seduta sulla poltrona. Gli stessi che per questi Servitori dello stato dall'alto della loro poltrona non muovono un dito. Non sentono. Non vedono. Non parlano. Non pensano. Se ne fregano. Disarmiamoli, tagloamoli,mandiamoli male equipaggiati, inquisiamoli, processiamoli. Tanto sono condannati dalla mancanza di regole di ingaggio. Sono condannati se osano sparare o persino usare le manette. Strumenti di coercizione. Inutili. Sono loro stessi ammanettati. Da quelle leggi uguali per tutti che tentano solo di far rispettare. Emanate da coloro secondo cui il poco è troppo, ma che quando si tratta di loro non disdegnano auto blindate, corazzate, colonne di auto, guardia del corpo, corpo di guardia, sofistocate tecnologie e armi di precisione che fanno meno paura di quanto un anfibio di un assetto antisommossa possa fare ad un giornalista caduto in una fase di guerriglia civile perché gli antitutto vorrebbero impedire la libera espressione di parola in un pubblico luogo.
Unità di una forza pubblica bistrattata divenuta squadra di forza di un privato, d'élite usata finanche per mettere in ammollo le chiappe arrepecchiate e incartapecorite di chi da troppi anni è abituato solo al velluto.
Insieme alle Uniformi ieri in piazza tanti cittadini comuni a loro grati per il lavoro usurante e sottopagato e che si vergognano perché è diventata normale un'aggressione, non grave uno sputo, lavorare senza mezzi, con strumentazioni obsolete e sott'organico. Per difendere chi li difende.
Una piazza dove non ci si conta, in cui non si misura il consenso popolare, una piazza non volta all'utile come abitudine di certi inquilini - persino abusivi - di Palazzo. Spesso loro diretti datori di lavoro.
Una Piazza composta e rumorosa cui i servi di regime hanno dovuto togliere voce. Aumentandola. Su cui è dovuto calare un eloquente silenzio di insopportabile malessere che ha raggiunto l'apice toccando il fondo. Lo stesso silenzio assordante che è seguito alla morte di Pierluigi Rotta e Matteo Demengo, a quello tombale di Mario Cerciello Rega ancora caldo nonostante a 30 anni sia già sotto due metri di terra, a quello di ogni altro destinarario di funerali di Stato, passerella istituzionale e cordoglio tanto dovuto quanto finto. Lo stesso silenzio omertoso che costringe capitano Ultimo, l'uomo simbolo della lotta alla mafia, colui che ha arrestato Totò Riina, l'erede del generale Dalla Chiesa, il braccio operativo di Falcone e Borsellino a girare senza scorta, ancora una volta, a rinunciare alla propria identità imbavagliandola col mephisto e affollando le aule giudiziarie. Premio ed aule da dividersi con Bruno Contrada, altro servitore ben ricompensato e preferito. In attesa solo di celebrare altri funerali di Stato.
Tony Fabrizio II
 https://www.facebook.com/tony.fabrizio.1800/posts/155500642364082

Incidente nucleare in Russia: ciò che (ancora) non si sa!

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Ad un mese abbondante dall’incidente nucleare occorso nella regione dell’Arkhangelsk, sulle coste del Mar Bianco, in Russia ancora nulla è dato sapere. Se non qualche notizia trapelata e non confermata dagli organi istituzionali preposti che non fa altro che accrescere il desiderio di conoscere. Desiderio acuito e trasformatosi in necessità di sapere se l’incidente si verifica nei pressi della Nyonoksa, base inaccessibile di sperimentazione delle forze navali russe.
Alle ore 12:00 circa di giovedì 8 Agosto, un’esplosione interessa la zona sulle coste a ridosso del Circolo Polare Artico a riguardo della quale iniziano a formarsi le ipotesi più disparate, fino a quando, solo due giorni dopo, arriva una tiepida ammissione dal Cremlino, nonostante vi siano ben 5 vittime. Si tratta di 3 specialisti civili e 2 militari appartenenti alla Rostaom, la società statale russa per l’energia atomica impegnata nella sperimentazione di un sistema di propulsione liquido con isotopi. Almeno stando alle fonti ufficiali che hanno proclamato due giorni di lutto che ha interessato la “città chiusa” di Sarov: una località, soggetta a restrizioni per quanto riguarda la residenza e l’accesso. Restrizioni dovute principalmente a motivazioni di natura militare. Queste realtà furono realizzate, durante la Guerra Fredda, soprattutto in Unione Sovietica, sebbene esempi siano riscontrabili anche altrove: si pensi soltanto a Los Alamos, nel New Mexico, conosciuta come la culla della bomba atomica.
Il Cremlino quasi immediatamente vieta anche l’accesso ad alcune zone della baia, ufficialmente per permettere il recupero dei reperti. Greenpeace con lo stesso tempismo fa sapere che nella stessa baia, evacuata e poi smentita ma dove gli abitanti hanno acquistato grandi quantitativi di iodio (che contiene gli effetti delle radiazioni), si è registrato un incremento di radiazioni in misura 16 volte superiori alla norma. Immediatamente le fa eco la Norvegia che fa sapere che ai confini con la Russia sono stati registrati livelli di iodio radioattivo molto superiori alla media. Avventatamente o meno, si inizia a parlare di una seconda Chernobyl dove, nel 1986, dopo l’incidente, i valori dei raggi gamma superarono di 7000 volte la soglia consentita. Appare evidente che non si può paragonare l’esplosione di un missile rispetto ad una centrale nucleare come fu Chernobyl, ma ciò che fa destare più di un sospetto, come ha commentato Leonid Bershidskij, ex direttore di​ Vedomosti, oggi editorialista di​ Bloomberg, è proprio che “non bisognerebbe fare ipotesi neppure riguardo al minore e meno preoccupante degli incidenti nucleari. Né è ammissibile che ci vogliano giorni per ammettere che c’è stato un incidente radioattivo”. Sebbene “quel che è accaduto ad Arkhangelsk non sia una seconda Chernobyl”, sostiene l’analista russo, “le autorità avrebbero dovuto fornire spiegazioni chiare”. Altrimenti “è irragionevole aspettarsi che la gente creda a un governo che tiene le sue carte così coperte, e non per la prima volta”. Se non mancano le fotografie dallo spazio del momento dell’esplosione, Trump fa sapere tramite un tweet che “dall’incidente missilistico nucleare russo gli Usa stanno imparando tante cose a causa della tecnologia militare simile.” A conferma del commento del Presidente degli Stati Uniti d’America si schiera anche la CNN con l’esperto Jeffrey Lewis, del Middlebury Institute of International Studies di Monterey, che fa notare come, dalla foto scattata dal satellite – nei pressi del punto dell’esplosione – si può notare la presenza di una nave per il trasporto di combustibile nucleare Serebryanka, quella sopra citata per il recupero dei reperti.
Secondo l’esperto, la presenza di questa imbarcazione potrebbe significare che fossero in atto sperimentazioni di un missile da crociera a propulsione nucleare. “Siamo scettici sull’affermazione secondo cui quello che veniva testato era un motore a propellente liquido”, ha riferito Lewis alla CNN. “Pensiamo si trattasse di un missile da crociera a propulsione nucleare che chiamano Burevestnik.” Un missile conosciuto dalla NATO come SCC-X-Skyfall. Non è un mistero che il presidente Putin punti su questa tecnologia che, considerando anche il “successo parziale” degli ultimi test, appare ancora immatura, ma che il Premier ha presentato al mondo come un “missile invincibile”. Motivo che porterebbe a credere che sia questa la vera ragione per cui Trump abbia abbandonato il trattato ISF – siglato a Reykjavík da Reagan e Gorbačëv nel 1986, in piena Guerra Fredda – sui missili nucleari a raggio intermedio installati da USA e URSS sul territorio europeo. Con conseguente “monitoraggio”.
Resta, comunque, difficile stabilire cosa sia successo, se non impossibile poiché l’incidente è avvenuto in una zona della Marina Russa che potrebbe archiviare tutto come segreto militare”. La sola cosa certa è che le notizie – e le conseguenti spiegazioni – dal Cremlino sono state diffuse con il contagocce e con ritardo. Così come ritardate sono gli effetti di una contaminazione nucleare che potrebbe verificarsi. Così come ritardati sono stati gli effetti di Chernobyl.
https://www.jpress.it/cronaca/incidente-nucleare-in-russia-cio-che-ancora-non-si-sa/

Fukushima: quale pericolo?

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L’acqua, che per antonomasia dovrebbe lavare via tutto, in un futuro molto prossimo potrebbe essere foriera di danni, distruzione e morte.
L’ammissione arriva direttamente dal governo del Giappone che per mezzo del ministro dell’ambiente Yoshiaki Harada rende noto ufficialmente che la società Tokyo Electric Power (Tepco), che gestisce la centrale nucleare giapponese di Fukushima – già gravemente danneggiata dal sisma e dallo tsunami del Marzo 2011 – verserà nell’oceano Pacifico acqua radioattiva.
Dopo lo tsunami, la Tepco ha immagazzinato in spazi all’uopo dedicati l’acqua di raffreddamento proveniente dai condotti nucleari (quindi radioattiva) e che adesso stanno per diventare esausti. “L’unica soluzione è di versarla in mare e diluirla (…) Il governo ne discuterà, ma vorrei offrire la mia semplice opinione” ha continuato il rappresentante del governo nipponico.
Immediata la replica del segretario di gabinetto giapponese Yoshihide Suga che, in una conferenza stampa separata, ha precisato però che i commenti di Harada sono “la sua personale opinione”. Tepco non può decidere cosa fare, seguirà le istruzioni governative che attualmente ha interpellato più commissioni di esperti.
Lo spazio per immagazzinare l’acqua (960 serbatoi di acciaio) finirà definitivamente entro il 2022 e non è possibile costruirne altri poiché, secondo l’Autorità per il nucleare, nuovi depositi nel sito potrebbero saturarlo e togliere spazio per lo stoccaggio dei materiali altamente radioattivi dopo lo smantellamento della centrale. Altra possibilità sarebbe quella di usare per i nuovi depositi i terreni privati circostanti, privi ormai di valore dopo il disastro, ma le leggi giapponesi sugli espropri sono molto deboli e l’operazione potrebbe essere difficile. Secondo il Presidente dell’Autorità giapponese per il nucleare  Toyoshi Fuketa, scaricare l’acqua contaminata in mare, dunque, risulta essere la scelta più ragionevole e sicura (operazione che dovrebbe iniziare a breve visto che per la preparazione dell’impianto si stima che i lavori durerebbero un anno circa) dato che nelle acque dell’Oceano Pacifico, insieme con le acque di raffreddamento, finirà il trizio, un isotopo dell’idrogeno a bassa radioattività, per questa ragione difficile da rilevare: la sua radiazione non riesce a penetrare la pelle umana, ma può essere dannoso se ingerito o inalato. È tuttavia considerato poco pericoloso per l’uomo, perché viene espulso rapidamente attraverso le urine e il sudore.
Se il governo nipponico ce la mette (non) tutta per rassicurare l’opinione pubblica, si leva la voce di abitanti e pescatori della zona, nonché delle assai numerose associazioni ambientaliste, preoccupati dai danni che l’elemento chimico possa provocare al biosistema circostante che inficerà anche sulle esportazioni di pesce (l’Italia stessa importa pesce dal mare di Bering) le cui correnti, però, dovrebbero contribuire a diluire la quantità di trizio presente in acqua e a ridurne gli effetti. Anche dal punto di vista umano il cui ricambio idrico biologico (che espelle completamente l’acqua presente nel corpo ogni 72 ore) consentirebbe di avere effetti trascurabili dal punto di vista sanitario.
Stando al parere degli esperti, quindi, la notizia dello sversamento di acqua radioattiva nel Pacifico è frutto di una mancata informazione da parte dell’opinione pubblica che considera estremamente elevati i livelli di radioattività quindi ha destato ingiustamente timore poiché – nel caso di Fukushima – l’immissione supera di sole 10 volte il livello consentito e ciò non comporta alcun tipo di rischio.
Non è sapere comune, ma ogni impianto nucleare rilascia effluenti radioattivi nell’ambiente e sono stabilite specifiche norme che impongono il rispetto di determinati limiti di dose alla popolazione e anche l’effettuazione del monitoraggio della radioattività ambientale nelle zone limitrofe degli impianti. Nulla di nuovo o di diverso dagli altri per la centrale del Sol Levante.
Al netto dei tecnicismi e attese le verità giustificative dei periti (da loro ingaggiati), pare di capire (con una certa ragionevolezza) che lo sversamento nel Pacifico delle acque contaminate di Fukushima- che assume carattere di decisione già presa- è il male minore non certo la panacea; che il trizio non è rilevabile, ma è comunque presente nelle acque dell’oceano e che, se è vero com’è vero che le correnti aiutano a disperderlo, contribuirebbero anche a propagarlo; che, oltremodo, se non è rilevabile, si sarebbe potuto evitare la diffusione di un timore oceanico tra i meno esperti con un “silenzio istituzionale”; e che, in conclusione, tutti si affrettano a quantificare la vita dell’elemento radioattivo in 12 anni, ma nessuno ha provato a spiegare che cosa accade durante i suoi 12 anni di vita. E di attività. Vieppiù che le reazioni nucleari non si conoscono che dopo anni (Chernobyl docet!). Domande che, se è lecito porsi, è altrettanto lecito pretendere che vengano erudite, ma sulle quali per ora vi è un assordante silenzio. Ben poco tranquillizzante.
https://www.jpress.it/cronaca/fukushima-quale-pericolo/

Gli alberi ostacolano la diffusione del 5G

La denuncia di Oasi Sana: "Perciò li abbattono, sarà un'ecatombe"
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Vi sarà capitato di assistere – nell’ingenua indifferenza – alla “potatura” di alberi lungo qualche viale cittadino,al ridimensionamento del verde pubblico, magari quel poco che resta nelle cementificate città, ed anche all’abbattimento di arbusti secolari. Forse per stagione, forse per malattia, qualcuno per intralcio alle opere di urbanizzazione.
Se, però, il fenomeno interessa non solo una città, una regione, la nazione intera, la nazione confinante ma si estende anche oltreoceano, viene da chiedersi il motivo per cui questi alberi si siano “ammalati” tutti insieme, contemporaneamente, se non addirittura porsi qualche dubbio (o forse più di uno) e tentare di capire cosa stia accadendo.
La risposta, o almeno un’interpretazione, ha provato a darla il sito d’informazione “Oasi Sana” dopo studi, ricerche e inchieste attraverso le voci di uomini di scienza citando fonti di professionisti non schierati e lontani da ogni etichetta di complottismo: gli alberi vengono abbattuti perché rappresenterebbero un ostacolo al 5G, la nuova tecnologia di trasmissione dati e telecomunicazione.
Il fenomeno, nonostante le proteste ecoambientaliste, gli scioperi – che in realtà sono manifestazioni – e la settimana per il futuro di rilevanza mondiale(Week for future), nonostante Greta Thunberg non proferisca parola al riguardo, così come sulla Terra dei Fuochi, è largamente preoccupante in Italia tanto che sono sorti comitati in varie città italiane come racconta proprio l’inchiesta di Oasi Sana a firma di Maurizio Martucci: a Prato, i dimostranti sono scesi in strada al grido di “PIU’ ALBERI, MENO ANTENNE”; a Roma il Comitato Stop 5G Cerveteri ha chiesto al Sindaco di chiarire sull’abbattimento degli alberi secolari. Di contro, il Primo cittadino della città – famosa per la presenza della Necropoli della Banditaccia, uno dei più importanti siti etruschi del Lazio – ha provato a spiegare accusando di complottismo i difensori dell’ecosistema (come se questo non fosse anche del Primo cittadino, ndr) – ipotizzando la responsabilità della Giunta Raggi del contemporaneo abbattimento di piante annunciato addirittura in 60mila unità a Roma. In Abruzzo le Mamme Stop 5G hanno invece portato i loro figli nei parchi per farli abbracciare agli alberi.
Oasi Sana, attraverso il docente di fisica collaboratore alla Statale di Milano ed esperto dei problemi legati all’inquinamento elettromagnetico Andrea Grieco, chiarisce nell’inchiesta pubblicata sul loro sito internet il modo per cui gli alberi rappresentano un “nemico” per la propagazione del segnale 5G: “L’acqua, di cui in genere sono ricchi gli alberi e le piante, assorbe molto efficacemente le onde elettromagnetiche nella banda millimetrica. Per questo motivo costituiscono un ostacolo alla propagazione del segnale 5G. In particolare le foglie, con la loro superficie complessiva elevata, attenuano fortemente i segnali nella banda UHF ed EHF, quella della telefonia mobile. Gli effetti biologici sono ancora poco studiati, però alcune ricerche rilevano danni agli alberi e alle piante sottoposte a irraggiamento da parte delle Stazioni Radio Base (le antenne disseminate sui tetti dei palazzi). Le inesplorate microonde millimetriche dalle mini-antenne 5G (senza studio preliminare sugli effetti per l’uomo, nonostante le radiofrequenze siano possibili cancerogeni per l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro) – leggiamo sempre nell’inchiesta di Oasi Sana – trovano nell’acqua e negli alberi un ostacolo nel trasporto dati, non avendo il segnale del wireless di quinta generazione lo stesso campo elettrico né la stessa penetrazione a lungo raggio dei precedenti standard 2G, 3G e 4G. In pratica, l’albero funge da barriera. Le foglie dell’albero assorbono lo spettro di banda del 5G, impedendone l’ottimale ricezione del segnale emesso dalle mini-antenne”.
Concludendo, secondo Oasi Sana “gli alberi di alto fusto sono un intralcio, un vero e proprio ingombro per la diffusione del segnale elettromagnetico del 5G che, irradiato dai lampioni della luce, non sarebbe recepito a terra dai nuovi Smartphone”, tesi cui sembrano convergere anche altri studi come quello di ‘Ordance Survey’ e quelli dell’Istituto per i sistemi di Comunicazione dell’Università di Surrey a Guildford in Inghilterra.
Se esistono studi condotti sull’effetto del 5G su alberi e piante, non esistono – e se esistono non sono ancora stati pubblicati – studi circa gli effetti che questa nuova tecnologia potrebbe avere sulla salute degli esseri umani.
In data 27 febbraio 2019 è stata presentata un’interrogazione parlamentare dal senatore del Gruppo Misto Saverio De Bonis in cui l’esponente politico ricorda all’ex ministro della Salute Giulia Grillo e al (riconfermato) ministro per l’Ambiente Sergio Costa che l’O.M.S. ha classificato Rf-Emf come «possibile cancerogeno per l’uomo» e studi più recenti hanno suggerito effetti riproduttivi, metabolici e neurologici di Rf-Emf, che sono anche in grado di alterare la resistenza agli antibiotici batterici. Uno degli studi più ampi, a cura del programma nazionale di tossicologia degli Usa (National Codicology Program) ha dimostrato un aumento significativo dell’incidenza del cancro cerebrale e di tumore al cuore negli animali esposti a campi elettromagnetici anche a livelli inferiori a quelli di cui alle attuali linee guida della Commissione internazionale sulla protezione dalle radiazioni non ionizzanti chiedendo di conoscere “quali iniziative i Ministri intendano assumere per evitare che l’esposizione superi i nuovi standard di esposizione massima totale dell’Unione europea su tutti i campi elettromagnetici per proteggere i cittadini, in particolare i neonati, i bambini e le donne in gravidanza e quali iniziative intendano adottare per definire standard di esposizione massima totale sicuri per la salute dei cittadini non dimenticando la tutela ambientale”.
Per ora è solo certo che lo Stato incasserà entro 4 anni, 6 miliardi 550 milioni 422 mila 258 euro, molto al di là delle previsioni della legge di Bilancio 2018 che ipotizzava entrate per 2,5 miliardi.
Forse la risposta è proprio questa.https://www.jpress.it/rubriche/ambiente/gli-alberi-ostacolano-la-diffusione-del-5g/

Monte Bianco, il ghiacciaio non fa più paura. E nemmeno notizia

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Ricordate il Plancipieux, ghiacciaio del massiccio del Monte Bianco che stava per staccarsi in piena week for future quando i giovani di tutto il Pianeta si sono riversati in piazza per chiedere maggior rispetto per l’ambiente al seguito dell’attivista svedese Greta Thunberg? Il Ghiacciaio che si trova sul versante italiano del Monte Bianco che era lì lì per sciogliersi? Quello che aveva costretto il Sindaco di Courmayeur, in Val d’Aosta, ad allertare la popolazione e a chiudere le strade di accesso alla nota località sciistica, nonché prendere tutte le cautele del caso per fronteggiare l’emergenza? Quello che avrebbe potuto ridurre in macerie pascoli, boschi e insediamenti umani?
Sembrerebbe inspiegabile, eppure su giornali e ai telegiornali non se ne fa più menzione. Nemmeno limitatamente al monitoraggio dello stesso e alla conseguente emergenza. Che non si sa più se sia rientrata o ancora insiste.
La massa di neve e ghiaccio che minacciava la Val Ferret a una velocità di mezzo metro al giorno si è dunque arrestata o ancora continua la sua inesorabile discesa verso la valle?
I glaciologi che hanno studiato il caso – e cui ora nessuno più dà voce – sembrano concordare che la situazione si sia acuita a seguito di una frattura che ha interessato un pezzo di roccia sulle alture delle Grandes Jorasses che fungono da sostegno del ghiacciaio che si trova su una pendenza rilevante (il Monte Bianco con i suoi 4810 metri di altezza è la cima più alta delle Alpi d’Italia, di Francia e in generale dell’Europa).
Pendenza e supporto che facilitano la creazione di corridoi d’acqua che non aumentano la capacità di scivolamento, dovuto all’elevata lubrificazione, quindi alla consumazione ed all’assottigliamento delle lingue del ghiacciaio che fanno sì che il ghiacciaio stesso perda aderenza e conseguentemente consistenza.
E’ indubbio – a detta degli esperti – che l’origine del fenomeno sia da rintracciarsi nel surriscaldamento della temperatura terrestre che rappresenta una minaccia allo scioglimento anche di altri ghiacciai.
Eppure il nostro Paese non è stato interessato da un’eccezionale ondata di calore, vieppiù nella stagione estiva quando il caldo rappresenta la normalità e non l’eccezione. Tuttavia, ad ottobre inoltrato, ancora godiamo di un stagione con temperature tipicamente primaverili, addirittura con week end in riva al mare, ma il Plancipieux sembra non fare più paura a nessuno. Fino a non parlarne più.
Eppure gli studiosi dicevano che era impossibile prevedere se e quando la corsa della massa fredda verso valle avrebbe potuto interrompersi ed il pericolo sembrava potersi arginare solo a seguito di nevicate che ancora non si sono avute, ma necessarie per poter scongiurare il pericolo anche per l’uomo – e per i valdostani per primi – e riportare la situazione alla normalità con la riformazione del serbatoio naturale di acqua.
In controtendenza a questi studi, vi sono altre voci del campo – e forse fuori dal coro – che sostengono che non vi sia stata alcuna emergenza per il Plancipieux, ma che quanto sia avvenuto qualche mese fa sembrerebbe trattarsi di una normalissima fase nella naturale vita di un ghiacciaio.
E proprio il Plancipieux non è nuovo a questi fenomeni che restano comunque dei campanelli di allarme per i ghiacciai nello specifico e per il clima in generale da non sottovalutare, sia continui a scivolare verso la Val Ferret, sia che possa rinsaldarsi nel corpo staccatosi, ma anche un’occasione per interrogarsi se non sia il caso di studiare con maggiore incidenza (e magari di diffondere con concrete certezze) tali fenomeni che, per natura, restano imprevedibili.
https://www.jpress.it/rubriche/monte-bianco-il-ghiacciaio-non-fa-piu-paura-e-nemmeno-notizia/

Von Der Leyen in Italia tasta l’esecutivo in vista di un Draghi “di scopo”


Ancora una volta, purtroppo, pare che la situazione italiana ed il futuro dell’Italia dipendano da Bruxelles.
Il presidente della Commissione Europea Ursula von Der Leyen sembra essere venuta in Italia più per tastare il polso a questo esecutivo di contratto che per una visita di cortesia o per una colazione a Palazzo Chigi.
Mentre, infatti, propone, senza dettagli, nuove criteri di ripartizione circa l’accoglienza dei migranti e le conseguenti richieste di asilo fino ad arrivare a promettere la modifica del trattato di Dublino, che, però, deve essere approvato all’unanimità dal Parlamento europeo quindi, esprime solidarietà all’Italia, alla Grecia e alla Spagna. Ricordando, sottolineando, che a causa della loro posizione geografica, ob torto collo sono i primi porti di accoglienza.
Parole pronunciate subito dopo la situazione di stallo conclusasi con conseguente sbarco dalla Gregoretti, visto l’imminente arrivo della Alan Kurdi, nave ONG tedesca battente bandiera spagnola che punta verso il porto di Lampedusa e che ha prodotto le dichiarazioni/reazioni del Governo spagnolo che, con un tempismo ai limiti della casualità, fa sapere di non aver autorizzato alcuna operazione di soccorso. Mentre la Germania corregge il tiro e detta altre condizioni: si dice disponibile all’accoglienza di una parte dei profughi imbarcati-già-sbarcati sulla Gregoretti previo attracco in Italia della successiva Alan Kurdi.
Come a dire che sta ferma un giro che non è una penalità!
Il Presidente ci ricorda altresì che entro il 26 agosto bisogna esprimere un nome che andrà ad occupare una poltrona della Commissione Europea. Mentre Conte auspica un portafoglio di peso e la nuova eletta ricorda che è nelle sue facoltà rifiutare il nominativo qualora non lo ritenga all’altezza del compito da svolgere, si apre una nuova falla nella alleanza di governo gialloverde: la Lega esprime una rosa di tre candidati. Ritirato il nome di Giorgetti, presenta come papabili i fedelissimi Centinaio, Garavaglia e la Bongiorno che, dal canto loro, non sembrano guardare molto entusiasticamente alla carica di Bruxelles, preferendo avere le mani libere per un eventuale rimpasto.
Il Carroccio è già inviso al successore di Juncker visto che nemmeno l’ha sostenuta nell’elezione, contrariamente al Movimento 5 Stelle che non solo l’ha votata, ma i cui voti 14 sono risultati addirittura decisivi.
Forte di rimarcazione che evidenzia le quote rosa e in ossequio all’istituzionale amicizia, spunta il nome del ministro della Difesa (dell’inclusione e del pacifismo) Elisabetta Trenta. Che in un eventuale e millantato (ma mai ufficialmente richiesto rimpasto di governo) potrebbe addirittura volare a Bruxelles. Mossa a doppio taglio per i grillini che potrebbero essere criticati e paragonati agli euroburocrati di Bruxelles dalla Lega che – a questo punto – pretenderebbero di occupare con il leghista Raffaele Volpi il dicastero di via XX Settembre.
DiMa sceglie di essere cauto ed adotta la strategia dell’attendismo, dando così la precedenza nella scelta al partito di via Bellerio essendo il partito vincitore dell’ultima tornata elettorale in questione.
Meglio, dunque, evitare lo scontro (ponte Morandi, Flat tax, riforma della giustizia, autonomia regionale) ed attendere che si plachi la tempesta chiedendo solo di voler governare. Magari in autunno… quando Mario Draghi sarà libero da ogni vincolo europeo e Mattarella potrebbe proporgli la guida di un esecutivo di transizione (previa nomina a senatore a vita). Sul nome del(l’ex) governatore della BCE vi è il parere favorevole anche Silvio Berlusconi orfano ormai di Carfagna, di Toti e che potrebbe votarsi al Nazareno
Certi che al Quirinale stanno già misurando la temperatura “popolare”, anche se estiva.
https://www.camposud.it/2019/08/von-der-leyen-in-italia-tasta-lesecutivo-in-vista-di-un-draghi-di-scopo/

Salvini: la crisi per sfuggire alla trappola contro l’Italia


La crisi provocata da Matteo Salvini è una scelta obbligata quanto l’unica percorribile nonché ponderata.
Il Vicepremier e Ministro dell’Interno, dopo aver incassato i “tanti no” dai cofirmatari del contratto di governo, passando per i molteplici bastoni messi tra le gambe atti solo a screditare il suo operato che ha acuito sempre più le distanze tra loro, si è visto sempre più isolato dopo il voto (decisivo) ad Ursula Van der Leyen alla detenzione del potere Ue nonché dal silenzio (eloquente) sulla vicenda Rubligate
Ai danni di quest’ultimo è stata ordita una vera e propria trappola. Politica. Mediatica. Giudiziaria. A livello europeo. Perché Salvini non è controllabile, non ha un “burattinaio” che il Superpotere può controllare (Giorgetti è fedele e lealE nei confronti di Salvini) ed il suo consenso è cresciuto in maniera esponenziale e inversamente proporzionale nel tempo.
Crisi scatenata a ridosso del Ferragosto, con cronisti impreparati costretti a rincorrere la notizia e lui che richiama i parlamentari “a lavorare” in un periodo in cui tutti sono in ferie. In questo momento Salvini ha tutti contro: ha contro Grillo che salì sul Britannia e deve riconoscenza a quell’establishment, ha contro anche Renzi, a cui quegli stessi ambienti hanno fatto la promessa di dargli una (altra) chance per tornare in campo, se riuscirà a evitare le elezioni e Zingaretti è un altro agnello sacrificale, come Salvini.
La partita è ancora apertissima se si tiene conto che Mattarella è notoriamente contrario alle elezioni anticipate e l’espediente decisivo per evitarle è quello architettato da Di Maio: taglio dei parlamentari che richiederebbe un iter di almeno 8 mesi e quindi comporterebbe la costituzione di un governo “istituzionale” il cui candidato naturale sembrerebbe essere Giuseppe Conte. Se, invece, lo spread (?) dovesse precipitare, potrebbe emergere un governo più “tecnico”, fatalmente affidato a Mario Draghi: a quel punto il governo durerebbe ben più di 8 mesi, dopodiché Draghi finirebbe al Quirinale: prima premier e poi presidente, come l’altro “banchiere” centrale Carlo Azeglio Ciampi.
Che già “manovrano” spread, esercizio provvisorio e Iva al 25%. Ed in tale contesto si deve ancOra esprimere il candidato alla carica di commissario europeo per l’Italia.
C’è puzza di finti salvatori della Patria: inciucio Pd-5Stelle, accordo interno Renzi-Zingaretti ed ipotesi di coinvolgimento di Draghi per “indebolire” Berlusconi visto l’avvicinamento delle ultime ore al naturale alleato.
La sola via d’uscita (vincente) sembra dunque essere quella intrapresa da Salvini: battere tutti sul tempo. E che tutti siano stati colti di sorpresa lo testimoniano il silenzio di Francia e Germania.
Questo è il piano di Salvini per la salvezza della Nazione. Solo gli Italiani se vogliono “salvarsi” debbono “salvare” il capitano che il potere Ue vuole “morto”. E i servitori nostrani, da Grillo a Renzi, sono pronti a servirlo su un piatto d’argento.
https://www.camposud.it/2019/08/salvini-la-crisi-per-sfuggire-alla-trappola-contro-litalia/

23 NOVEMBRE '80: CHI HA DITTO CA LA PAURA FA SOLO 90? 23 novembre '80: chi ha ditto ca la paura fa sulo 90? 'na bomba,...